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Succede da noi“Bella Ciao” è un canto popolare italiano, secondo alcuni proprio di alcune formazioni della Resistenza, ma in realtà, pochissimo cantato nella versione del partigiano, prima della fine della guerra. Questa canzone rappresenta il nostro paese della seconda guerra mondiale: esprime il coraggio e la tenacia degli italiani disposti a dare […]
Passato, presente e futuro“Bella Ciao” è un canto popolare italiano, secondo alcuni proprio di alcune formazioni della Resistenza, ma in realtà, pochissimo cantato nella versione del partigiano, prima della fine della guerra.
Questa canzone rappresenta il nostro paese della seconda guerra mondiale: esprime il coraggio e la tenacia degli italiani disposti a dare la loro vita per cercare di fermare il fascismo allora presente.
“Bella Ciao”, sembra in realtà derivare da brani precedenti, tra cui un girotondo infantile usato per educare i bambini a coordinare i movimenti con il battito delle mani. Divenne poi molto famoso nel dopoguerra come simbolo della lotta partigiana in Italia.
Le parole del testo evocano la libertà, la lotta contro le dittature e l’opposizione agli estremismi, e per questa ragione Bella Ciao è considerata la canzone simbolo della Resistenza italiana. Nonostante ciò, con ogni probabilità fu scarsamente utilizzata nel periodo della dittatura nazifascista per paura della polizia politica e finì per identificare le idee dei partigiani solo a guerra finita.
Insieme a “Volare” è il canto popolare italiano più famoso al mondo.
La scelta di identificare Bella Ciao con un canto partigiano nasce dalla volontà di trovare un testo che avesse valori universali di libertà e opposizione alle dittature e alla guerra, senza riferimenti politici o religiosi. Sarebbe stato difficile, altrimenti, unire le varie anime antifasciste che avevano lottato contro il nazifascismo, così diverse tra loro negli ideali eppure unite nella lotta comune contro l'”invasor”.
L’operazione ha avuto successo se si pensa che oggi Bella Ciao è uno dei testi più conosciuti, tradotti e cantati a livello mondiale. Qualcuno forse la ricorderà addirittura per essere usata nel cinema (film e serie TV), qualcun altro probabilmente conoscerà le tante cover che sono state fatte negli anni e che la rendono una canzone universale, non necessariamente legata al mondo della Resistenza.
Di recente Bella Ciao ha avuto anche un significato storico-sociale a livello internazionale, comparendo in diversi momenti della storia politica di paesi diversi dall’Italia.
Il pensiero degli esperti
Molte persone hanno interpretato in diversi modi la canzone Bella Ciao: «Bella Ciao. È una canzone che non è mai stata dei partigiani, come molti credono, però molto popolare» questo ciò che dice Gianpaolo Pansa. «Bella ciao … canzone della Resistenza e Giovinezza … canzone del ventennio fascista … Né l’una né l’altra nate dai partigiani o dai fascisti, l’una presa in prestito da un canto dalmata, l’altra dalla goliardia toscana e negli anni diventate gli inni ufficiali o di fatto dell’Italia antifascista e di quella del regime mussoliniano … Nei venti mesi della guerra partigiana non ho mai sentito cantare Bella ciao, è stata un’invenzione del Festival di Spoleto». Giorgio Bocca presenta invece quest’altra opinione.
Dunque, è chiaro che il pensiero più sostenuto è quello che afferma che le origini di Bella Ciao siano incerte, i pensieri principali si trovano d’accordo sull’idea che fosse un canto popolare senza un significato preciso e concreto.
Il nostro pensiero
Noi pensiamo, a differenza degli altri che abbiamo menzionato, che la canzone Bella Ciao sia associata ai partigiani che si sono apposti al fascismo e che è quindi per questo che è diventata famosa in tutto il mondo. Crediamo che tale canzone non venne utilizzata durante il periodo del pieno fascismo bensì venisse utilizzata come mezzo per esprimere le proprie opinioni, di sinistra, verso la decaduta della dittatura. Oggi è molto utilizzata e conosciuta, rappresenta l’inno della sinistra politica, simbolo di patriottismo e “partigianismo”. Siamo in disaccordo con la fama ricavata dalla serie Netflix La Casa Di Carta, che prende ragazzi di età giovane trascurando il significato principale della canzone e usandolo in modo a nostro parere inadeguato. “Bella Ciao, ma è quella della Casa Di Carta?” Quante volte al nominare del titolo della canzone emerge tale domanda? Ecco, Bella Ciao non è quella Casa di Carta, è la canzone usata (inadeguatamente) nelle scene della Casa Di Carta; è una canzone partigiana italiana.
Infine vi proponiamo il nostro arrangiamento di Bella Ciao con il programma di scrittura musicale Noteflight
https://www.noteflight.com/scores/view/43899bdae082bdba720e9ecacdd1ce2dc7adf8eb
Vi propongo 3 posti da visitare a Roma quando vi annoiate per il weekend. Zoo Il Giardino Zoologico di Roma fu inaugurato oltre 100 anni fa. All’epoca gli zoo avevano uno scopo puramente ricreativo, l’unico obiettivo era il divertimento del pubblico attraverso l’esposizione di animali […]
Tutto il resto è passionVi propongo 3 posti da visitare a Roma quando vi annoiate per il weekend.
Il Giardino Zoologico di Roma fu inaugurato oltre 100 anni fa.
All’epoca gli zoo avevano uno scopo puramente ricreativo, l’unico obiettivo era il divertimento del pubblico attraverso l’esposizione di animali rari e esotici.
Ci sono voluti circa dieci anni, dal 1994 al 2004, per trasformare lo zoo in Bioparco, una struttura finalizzata alla conservazione delle specie minacciate di estinzione, all’educazione nei confronti della tutela della biodiversità e alla ricerca scientifica.
Lo zoo di Roma, in cui le gabbie vennero sostituite con i fossati, divenne in poco tempo uno dei più importanti d’Europa superando in bellezza anche quelli di Parigi e Berlino costruiti con vecchi sistemi.
La ricerca condotta negli Zoo è uno dei principali obiettivi delle strutture zoologiche “moderne”.
Rappresenta una valida opportunità per studiare animali e permette di indagare aspetti della vita di animali elusivi e schivi che, per tali loro caratteristiche, diventa difficile, o impossibile, monitorare nel loro habitat naturale.
Inoltre, il Bioparco collabora nelle sue attività di ricerca con le università, con altre strutture zoologiche ed enti di ricerca nazionali e internazionali, il cui scopo è quello di approfondire diversi aspetti di una specie come l’alimentazione, il comportamento, la salute o l’organizzazione sociale.
Al bioparco ci sono da poco 18 pinguini che sono oggetto di uno studio coordinato con l’università della Tuscia.
L’obiettivo è identificare i comportamenti del pinguino capo mentre viene alimentato e valutarne le eventuali differenze durante la somministrazione nei diversi momenti della giornata, considerando alcune variabili (ad esempio distribuzione del cibo in presenza o meno di pubblico, somministrazione diretta del cibo o attraverso l’arricchimento ambientale) e analizzando l’ordine di beccata (studio del comportamento sociale).
Il Bioparco, il Giardino Zoologico di Roma, si trova in Piazzale del Giardino Zoologico n. 1 ed è facilmente raggiungibile dal centro con il tram, l’autobus o la metropolitana.
La struttura è aperta al pubblico dalle 9.30 alle 17.30, ma a partire da fine marzo l’orario verrà esteso fino alle 19 nel weekend.
Il costo del biglietto è pari a 17€ ma sono disponibili promozioni online e numerose convenzioni.
Mi è piaciuto molto quando ci sono andato e lo consiglio.
Cinecittà ha una dimensione di 10 ettari e sono oltre 80 anni che ospita film.
Ha una piscina per le tante riprese subacquee.
A cinecittà si può entrare nei set cinematografici, nell’Antica Roma e vedere degli abiti o strumenti di scena usati in molti film celebri
Alcuni dei set visitabili in ogni momento sono molto suggestivi.
Cinecittà è composta da 19 teatri di posa interni e da molti altri set all’aperto che vengono allestiti temporaneamente per produzioni cinematografiche e televisive.
Tre sono i grandi set permanenti visitabili tutti i giorni con guide specializzate.
Il set di Roma Antica – costruito per la serie tv della HBO Rome – è uno dei set più grandi di Cinecittà e si espande per quattro ettari.
La scenografia presenta l’insieme classico dei principali edifici del Foro Romano. Le strutture portanti sono rivestite da pannelli di legno e lastre in vetroresina. Oltre alla sua evidente monumentalità, la caratteristica principale del set è la cromaticità spiccata: i rossi, i blu, i verdi, assieme alle decorazioni vivaci, fanno sì che il pubblico – abituato a visualizzare “in bianco” le rovine – possa scoprire quali furono realmente i colori originali della Roma Repubblicana.
C’è anche un errore nel Pantheon ed è fatto appositamente. Provate a scoprirlo.
Il set del Tempio di Gerusalemme è stato realizzato da Francesco Frigeri.
Nella realizzazione del Tempio lo scenografo non ha seguito una ricostruzione filologica ma ha lavorato con un’ampia libertà creativa mescolando stili, influenze e architetture diverse: babilonese, assira e dello Yemen del Nord.
La struttura è realizzata in vetroresina e risulta avere un effetto molto realistico in quanto lo scenografo insieme agli scultori ha lavorato sul realismo dei materiali, sui dettagli decorativi e sulle forme scultoree realizzando dei calchi di pietra per ottenere una verosimiglianza.
Il set, disegnato dallo scenografo Marco Dentici, è stato realizzato nel 2002 per le riprese della serie Francesco di Michele Soavi. Nel corso degli anni il set ha subito diverse trasformazioni e ha accolto ambientazioni e epoche diverse: la Toscana del ‘400 per Amici miei – Come tutto ebbe inizio di Neri Parenti, prequel del famoso Amici miei di Mario Monicelli; il famoso balcone di Romeo and Juliet di Carlo Carlei; il borgo italiano del ‘600 de La luna nera, serie TV Netflix, prodotta dalla Fandango e l’Africa del film Tolo Tolo di Checco Zalone.
In aggiunta a questi set principali, uno mi ha particolarmente entusiasmato perchè mi ha permesso di vedere l’interno di un sottomarino!
Il percorso conduce nel set del sottomarino americano S-33 realizzato per il film U-571 del regista Jonathan Mostow le cui scene acquatiche sono state girate all’interno del Teatro 5.
Il film racconta una vicenda ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il percorso termina all’esterno nella galleria dei led, un’immersione nel mito di Cinecittà attraverso i numeri che in 80 anni di storia l’hanno resa un luogo leggendario.
La struttura offre circa 500 m² di pareti progettate da un team di ingegneri e atleti professionisti, con forme e problemi che non avrete mai visto a Roma prima d’ora.
Puoi sfruttare la parete corda indoor per imparare le tecniche principali di sicurezza su roccia. Rockit offre anche corsi di arrampicata per tutti i livelli, dal principiante all’atleta agonista, con allenamenti e tracciature ben tarati per ogni esigenza. I corsi sono previsti per tutte le fasce di età, a partire dai bambini di 5/6 anni. Rockit prevede inoltre uno spazio dedicato al fitness e ad allenamenti compensativi.
Non ci sono mai andato ma ci vorrei andare presto.
A Roma c’è già qualche museo della scienza, ma si può sempre migliorare!
Se ne parla già da molto tempo, ma finalmente il progetto di costruire una vera e propria città della scienza sembra si stia concretizzando.
Nascerà al posto di una caserma in zona Flaminio, accanto al museo MAXXI e il coordinamento del progetto sarà affidato ad un vero e proprio genio, il prof. Giorgio Parisi che ha recentemente vinto il premio Nobel per la fisica.
Sono stati stanziati ben 43 milioni di euro e il comitato si è riunito per la prima volta proprio in questi giorni.
Ho visitato alcuni musei di questo tipo, in varie città, e sono molto divertenti perché prevedono installazioni fortemente interattive dove poter sperimentare e toccare con mano per capire meglio i fenomeni più curiosi.
Sapete che è possibile sperimentare cosa si prova all’interno di un tornado? Oppure creare la nebbia in laboratorio e persino far suonare ai fulmini una canzone ?
(https://www.youtube.com/watch?v=oT107WWgNDk&t=23s, https://www.youtube.com/watch?v=pmJ8tXTcCfE )
Speriamo che sia possibile riprodurre alcuni degli esperimenti più divertenti per appassionare molte altre persone alla scienza.
Per il momento vi lascio un’ispirazione… https://www.youtube.com/watch?v=oUAC-yor68M
Valerio Piazza
Ep.1 dei “bicicibi” Filippo, Gabriele, Lavinia e Sofia A presto con l’episodio 2 ——————————————————————————————————————— Se volete iscrivetevi al canale di Gabry: WADE TM – YouTube ———————————————————————————————————————
PodcastsEp.1 dei “bicicibi” Filippo, Gabriele, Lavinia e Sofia
A presto con l’episodio 2
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Io e Bianca, ogni martedì, andiamo in biblioteca per scrivere articoli per il giornalino. Sugli scaffali della biblioteca di metallo c’è una calamita con raffigurato Don Bosco. Ogni volta prendiamo questa calamita e ci ispiriamo per scrivere articoli più creativi. La calamita ha una forma […]
Passato, presente e futuroIo e Bianca, ogni martedì, andiamo in biblioteca per scrivere articoli per il giornalino. Sugli scaffali della biblioteca di metallo c’è una calamita con raffigurato Don Bosco.
Ogni volta prendiamo questa calamita e ci ispiriamo per scrivere articoli più creativi.
La calamita ha una forma circolare, con una scritta che dice: “Don Bosco proteggi Giuseppina” e lui dice: “Dove regna la felicità regna la carità”. Noi ci siamo affezionati alla calamita a tal punto da informarci sulla storia di Don Bosco. Giovanni Melchiorre Bosco, meglio noto come don Bosco, è nato a Castelnuovo d’Asti il 16 Agosto del 1815 in una modesta cascina dove ora sorge la Basilica a lui dedicata ed è morto a Torino nel 1888. Canonizzato da Papa Pio XI nel 1934, è stato prima un sacerdote e poi un santo molto attivo nel sociale torinese.
Quando Giovanni aveva soltanto due anni, il padre ebbe una grave polmonite che lo condusse alla morte l’11 maggio 1817, a soli 33 anni.
Da bambino Don Bosco ebbe un sogno che lo ispirò alla sua grande opera e che poi raccontò più volte:
“Ho sognato di essere in un cortile con altri ragazzi che si divertivano
e bestemmiavano non poco, appena li sentii mi precipitai da loro
cercando di farli smettere. In quel momento mi apparve un uomo maestoso vestito nobilmente di bianco che gli copriva il volto e il corpo.
Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di mettermi a capo di quei ragazzi.”
L’uomo elegante poi aggiunse: “l’amicizia con il Signore è un bene prezioso”.
In seguito a quel sogno, il giovane Giovanni decise di seguire la strada del sacerdozio.
Giovanni Bosco frequentò una scuola di musica dove imparò a suonare l’organo e successivamente diventò insegnante di musica per i suoi ragazzi. Le relazioni tra Giovanni Bosco e gli ambienti protestanti torinesi furono sempre molto dure. Dapprima egli si limitò a difendere le dottrine cattoliche e attaccare quelle protestanti.
Nel 1859 poi bruciò, per mostrare dinanzi ai suoi allievi come dovessero avere in disprezzo l’eresia, libri protestanti e opuscoli anticattolici, tra cui la Bibbia nell’edizione Diodati, ossia l’edizione utilizzata dai protestanti italiani.
Nel 1846, giornata della Santa Pasqua, Don Bosco trovò un luogo per i suoi ragazzi, un piccolo pezzo di terreno con una piccola tettoia.
Nel 1854 Don Bosco fondò la Società salesiana, dieci anni dopo posò la prima pietra del santuario di Maria Ausiliatrice.
Nel 1872 fondò l’istituto delle figlie di Maria Ausiliatrice con lo scopo di educare la gioventù femminile.
Sempre nel 1872, per interessamento dell’arcivescovo di Genova Salvatore Magnasco e con il finanziamento di alcuni benefattori, Don Bosco acquistò, nell’allora cittadina di San Pier d’Arena, alle porte di Genova, la chiesa di San Gaetano.
Nel 1875 partì per la prima spedizione missionaria per l’Argentina, terra della grande emigrazione italiana dell’Ottocento.
Morì di bronchite a Torino il 31 gennaio del 1888 quando aveva 72 anni ed il suo cadavere è depositato in un’urna nel Santuario di Maria Ausiliatrice.
Don Bosco inoltre fondò anche “i Cooperatori”, che sono una sorta di “Salesiani Esterni”.
Scrisse molte opere edite a cominciare dal 1844 e l’ultima nel 1888: la prima era Cenni storici sulla vita del chierico Luigi Comollo, Biografia, Opere Edite, Ed. LAS (Libreria Ateneo Salesiano), I,1.
Siamo rimasti molto colpiti da Don Bosco che ha dedicato la sua vita ad aiutare i ragazzi e la ragazze in difficoltà e crediamo che sarà fonte di ispirazione anche per molti altri articoli successivi.
Grazie per la lettura e al prossimo articolo, arrivederci.
scritto da: Bianca Poggini e Valerio Arrigo.
Sabato 18 Dicembre dalle 10.00 alle 12.00 si è tenuto l’open day della nostra scuola, molte famiglie sono venute a vedere l’istituto e a sentire il discorso della preside. Nello spazio all’aperto, appena dopo l’ingresso, qualche prof aveva attrezzato uno stand, per presentare la propria […]
Interviste e recensioni Passato, presente e futuro Succede da noiSabato 18 Dicembre dalle 10.00 alle 12.00 si è tenuto l’open day della nostra scuola, molte famiglie sono venute a vedere l’istituto e a sentire il discorso della preside.
Nello spazio all’aperto, appena dopo l’ingresso, qualche prof aveva attrezzato uno stand, per presentare la propria materia. Ogni prof aveva almeno due ragazzi volontari per aiutarlo.
Il primo stand che si poteva incontrare era quello di inglese presentato dal Professor Ganci che distribuiva anche matite e dolcetti, e accoglieva le famiglie insieme ai ragazzi che lo hanno affiancato. Il banco era decorato con peluche, bandiere di vari paesi del mondo e cartelloni.
Sulla sinistra c’era lo stand di scienze organizzato dalla Professoressa Falcone. Alcuni alunni mostravano degli esperimenti scientifici e c’era in esposizione una riproduzione del DNA.
Uno stand particolare era quello di arte presentato dalla Professoressa Ferraro. Qui erano esposti tutti i disegni e i modellini più belli fatti dai suoi alunni. A fare da sfondo allo stand c’era una “parete” con molti disegni appesi. Sulla destra c’erano anche due ragazze che facevano ritratti ai bambini venuti a visitare la scuola.
In fondo c’era lo stand delle Professoresse Passariello e d’Onofrio riguardante la prevenzione del bullismo e cyberbullismo, un progetto a cui la nostra scuola tiene particolarmente. Le due Professoresse erano aiutate da alcuni referenti del bullismo, ovvero ragazzi che aiutano le prof per tentare di prevenire atti di bullismo o cyberbullismo nelle classi. Durante l’open day i referenti hanno anche presentato alle famiglie il progetto. Inoltre, il banco era decorato con numerosi manifesti.
Accanto allo stand del bullismo c’era quello dedicato al laboratorio di poesia e a italiano, coordinato dalle Prof Quarchioni e Pagnanelli. Sul banco erano esposte numerose poesie realizzate nel corso degli anni da alcuni alunni.
Nel cortile della scuola la Professoressa Evangelista e i suoi ragazzi, accoglieva i bambini per farli divertire, insegnandogli qualche gioco come pallavolo e ping pong.
Alla fine dell’open day i ragazzi della sezione musicale hanno salutato le famiglie con un piccolo concerto, composto da strumenti come i flauti, le chitarre, le percussioni (batterie, marimbe…) e il pianoforte.
Alla fine dell’evento siamo riusciti a intervistare alcuni bambini per chiedere loro quale fosse lo stand che gli era piaciuto di più:
Se sei un appassionato di cucina ma, soprattutto di dolci, ti conviene leggere questo articolo. Oggi ti parlerò di una ricetta originaria della Campania e nell’Italia centro-meridionale: i mostaccioli. Sono dei biscotti speziati a forma […]
Tutto il resto è passionSe sei un appassionato di cucina ma, soprattutto di dolci, ti conviene leggere questo articolo. Oggi ti parlerò di una ricetta originaria della Campania e nell’Italia centro-meridionale: i mostaccioli.
Sono dei biscotti speziati a forma di rombo con sopra, se si vuole, la glassa di cioccolato.
Non è difficile farli, quindi vi mostrerò la ricetta e i passaggi per poterli realizzare.
RICETTA
(tradizionale)
– 1 kg di farina per dolci;
– 500 gr di zucchero;
– 100 ml d’olio extra vergine d’oliva;
– 3 bustine di vaniglia;
– 3 cucchiai di cacao amaro;
– 1 bustina di chiodi di garofano;
– 1 buccia di arancia grattugiata;
– ½ bustina o un poco di più di ammoniaca.
GLASSA
– 200 grammi di zucchero;
– 100 grammi di cioccolato fondente;
– 100 ml d’acqua.
RICETTA
(casareccia)
– 75 ml d’olio extra vergine d’oliva;
– 400 gr di farina;
– 300 gr di zucchero;
– 3 cucchiai di cacao amaro;
– 1 cucchiaino scarso di bicarbonato;
– 1 buccia di arancia grattugiata;
– 1 pizzico di spezie (cannella, chiodi di garofano);
– latte quanto basta.
GLASSA
– 200 grammi di zucchero;
– 100 grammi di cioccolato fondente;
– 100 ml d’acqua
PASSAGGI
Bisogna mettere prima tutti gli ingredienti in polvere e poi quelli liquidi. Dopo aver mescolato il composto bisogna fare un salsicciotto, poco più spesso di un salame e poi va tagliato in diagonale in tanti pezzetti. Una volta fatto ciò prendiamo una teglia con della carta forno e li disponiamo sopra, non molto vicini perché nella cottura si gonfieranno.
Dopo averli messi li andiamo a schiacciare un po ottenendo dei rombi non troppo sottili. Accendiamo il forno a 150° e lo facciamo riscaldare per 10 minuti, una volta caldo mettiamo i mostaccioli dentro e li facciamo cuocere per 10-15 minuti. Alla fine otterrai dei buonissimi biscotti da mangiare in compagnia!
Chiantella Camilla
https://drive.google.com/file/d/1V0Jyh0Cmn4AhdUJ0xCE2QjyRgfA-dNoX/view?usp=drivesdk
«Che sarà mai una pacca sul sedere» 27 Novembre 2021, un signore di mezz’età, tifoso della viola, a detta sua “risentito”” dopo la sconfitta della sua Fiorentina avvenuta al Carlo Castellani di Empoli, mentre camminava per una via principale vicino allo stadio, ha avuto la […]
Passato, presente e futuro«Che sarà mai una pacca sul sedere»
27 Novembre 2021, un signore di mezz’età, tifoso della viola, a detta sua “risentito”” dopo la sconfitta della sua Fiorentina avvenuta al Carlo Castellani di Empoli, mentre camminava per una via principale vicino allo stadio, ha avuto la brillante idea di dare una pacca sul sedere alla giornalista Greta Beccaglia in quel momento in servizio.
All’inizio la giornalista si è ridotta a chiedere rispetto mentre il “cameraman” gli ha detto di lasciar perdere e di continuare il proprio lavoro. La cosa che più in quel momento ha sconvolto Greta Beccaglia è stato il fatto che nessuno abbia reagito, come se nulla fosse successo.
L’uomo è stato poi denunciato dalla giornalista che, infastidita, ha anche risposto sui social ad alcune persone dicendo che quel gesto era chiaramente una molestia sessuale.
La giornalista è stata perfino criticata da alcune persone, specialmente uomini che affermano che abbia esagerato nel denunciare il molestatore. Contemporaneamente alle critiche la giornalista ha ricevuto per fortuna messaggi di conforto e aiuto da donne provenienti da tutta Italia. Inoltre il quarantacinquenne ha molestato la giornalista sia fisicamente, sia verbalmente. Per fortuna le telecamere hanno permesso di immortalare tutto quanto, e a quanto pare l’indagato, prima di compiere la molestia si sarebbe anche sputato sulle mani.
Successivamente all’accaduto la giornalista Greta Beccaglia è stata anche intervistata dai suoi colleghi del TG1.
Durante le vacanze natalizie la giornalista Greta Beccaglia ha affermato di aver superato la cosa.
Anche in questo periodo però è rifiorita la solita frase: “Dai, non te la prendere”, detta dal conduttore in studio di quella sera. La frase detta da Giorgio Micheletti ha, a mio avviso giustamente, scatenato un putiferio sui social, tanto che il conduttore ha lasciato da poche settimane il giornalismo.
Sono convinto che la giornalista Greta Beccaglia abbia fatto bene a denunciare l’uomo che ha compiuto un gesto molesto e vergognoso.
Penso inoltre che nessuno nel 21esimo secolo debba permettersi di fare un gesto così disgustoso e che si dovrebbe far sì che non ci siano più questo tipo di molestie né verso le donne né verso nessun altro.
Le persone devono riflettere sulle conseguenze prima di mettere in atto certe azioni e le forze dell’ordine e la magistratura dovrebbero far sì che queste molestie siano giustamente punite nel nostro paese. Secondo le fonti dell’Istat (Istituto Nazionale di Statistica), la percentuale delle donne che hanno subito una molestia o una violenza è del 31,1%.
Personalmente sono rimasto di stucco che nessuno abbia avuto il buon senso di fermarsi per assicurarsi che la giornalista stesse bene. Secondo me queste persone che hanno visto tutto e non hanno fatto niente sarebbero coinvolte tanto quanto il molestatore e la giornalista.
L’Italia è un paese così bello a mio parere, quasi da tutti i punti di vista, ma questo tipo di avvenimenti sono davvero intollerabili e rovinano l’immagine stessa dell’intera nazione.
A. Gabriele Rozera
La storia Come sono nati i vaccini? Il primo vaccino fu quello contro il vaiolo, scoperto da Edward Jenner vissuto tra il 1746 e il 1823. All’epoca c’erano moltissimi morti di vaiolo: a Napoli morirono 60.000 persone per colpa del vaiolo in poche settimane. Edward […]
Scienziati si diventaCome sono nati i vaccini?
Il primo vaccino fu quello contro il vaiolo, scoperto da Edward Jenner vissuto tra il 1746 e il 1823.
All’epoca c’erano moltissimi morti di vaiolo: a Napoli morirono 60.000 persone per colpa del vaiolo in poche settimane.
Edward fece una scoperta straordinaria: scoprì che i contadini che si prendevano il vaiolo bovino poi non si infettavano col vaiolo umano. Così Edward, nel maggio 1796, prese il sangue di una donna malata dalla variante bovina e lo trasfuse in un ragazzo di 8 anni; poi provò a iniettare il vaiolo umano e il virus non attecchì.
All’interno del nostro corpo si muovono numerosi e diversi tipi di cellule. I globuli rossi trasportano ossigeno ai tessuti e agli organi; le piastrine aiutano a guarire le ferite.
I globuli bianchi, invece, combattono le infezioni.
Comprendere come funzionano queste cellule è la chiave per capire come lavorano i vaccini nel nostro corpo. Due tipi principali di globuli bianchi sono le cellule B e le cellule T (dette entrambe linfociti).
I linfociti B, quando esposti al vaccino, rilasciano quelli che noi chiamiamo anticorpi.
Questi anticorpi si legano al virus o ai batteri impedendogli di infettare un’altra cellula o diffondersi in tutto il corpo.
i linfociti T aiutano ad attivare i linfociti B, in modo da indurre la produzione di molti anticorpi, così come anche lo sviluppo di cellule speciali che uccidono le cellule già infettate dal virus.
I linfociti T hanno anche una buona memoria, di conseguenza dopo aver combattuto l’invasore, ricordano come sconfiggerlo qualora si ripresenti nuovamente.
Il sistema immunitario, quando entra in contatto con una sostanza estranea (ad esempio un virus, un batterio o un vaccino), si attiva e produce armi specifiche contro virus e batteri: gli anticorpi e le cellule della memoria.
Grazie alla memoria immunologica, il nostro sistema immunitario è in grado di ricordare l’incontro con uno specifico virus o microbo anche per parecchi anni: siamo così protetti da eventuali re-infezioni.
Esistono vari tipi di vaccini, diversi per la loro composizione:
Differenza tra RNA e DNA
Il DNA è molto stabile, invece l’RNA si degrada e quindi deve essere conservato al freddo.
Quale informazione viene trasportata dal mRNA in questi vaccini?
L’mRNA che si trova nel vaccino, una volta entrato nelle cellule viene letto dai ribosomi che produrranno tante copie della proteina Spike del SARS-CoV-2.
Una volta che le nostre cellule avranno prodotto la proteina Spike, questa uscirà dalla cellula e verrà riconosciuta come estranea dal sistema immunitario. L’importante è che la proteina Spike, da sola, attiva una reazione immunitaria, ma non è in grado di provocare la malattia perché rappresenta soltanto una piccola parte del virus.
il sistema immunitario fa il suo lavoro. Inizia a produrre le armi specifiche, gli anticorpi, contro la proteina Spike del SARS-CoV-2 e produce anche le cellule della memoria. Gli anticorpi bloccheranno la proteina Spike e impediranno al virus di infettarci.
Ci vogliono di media circa 10 anni per sviluppare un vaccino convenzionale.
Gli scienziati di Moderna e BioNTech lavoravano da almeno 20 anni su terapia genica e vaccini a RNA.
Ci sono voluti 42 giorni per avere un mRNA candidato al vaccino per il covid.
Circa il 5% dei passeggeri dei mezzi di traporto pubblico viaggia senza un biglietto valido. Queste persone si accomodano sui treni e sui bus, viaggiano come gli altri e raggiungono le destinazioni senza pagare. Qualche volta sono identificati e multati, altre volte no. Fortunatamente il 95% dei passeggeri, pagando il regolare biglietto, contribuisce a coprire i costi, dai salari degli autisti e al mantenimento della flotta dei treni e dei bus. In questo modo il servizio può essere assicurato. Finché la percentuale dei paganti è sufficientemente alta i mezzi di trasporto continuano a circolare regolarmente. Ma se la percentuale di persone che non paga dovesse aumentare, dopo un po’ le entrate dei biglietti non sarebbero più sufficienti a coprire i costi e la società di trasporto chiuderebbe e non offrirebbe più il suo utile servizio a nessuno.
Questo meccanismo si osserva anche nelle strategie di vaccinazione della popolazione. Come accade con i biglietti dei mezzi di trasporto, se le persone vaccinate raggiungono il 95% della popolazione anche chi non è vaccinato può usufruire della protezione contro certe malattie infettive. Il motivo è semplice: con un livello così alto di persone vaccinate l’agente infettivo non dispone più di un serbatoio sufficiente per moltiplicarsi e diffondersi. La sua propagazione viene così bloccata. Questo fenomeno si chiama “immunità di gregge o di gruppo”.
https://www.nationalgeographic.it/scienza/2020/12/parlare-ai-bambini-dei-vaccini
VALERIO PIAZZA
Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi suonare. Loro sono 88, tu sei infinito. […]
Interviste e recensioniOra tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi suonare. Loro sono 88, tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu, ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita… Se quella tastiera è infinita, allora su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. Tu sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.
(Alessandro Baricco)
Ciao, come vi chiamate?
Ciao, sono Valerio, suono il pianoforte e sono iscritto ad una accademia di musica chiamata Nomos.
Il mio maestro di pianoforte si chiama Roberto Gori, è bravissimo al piano, fa persino i concerti!
Ciao, sono Teresa, io studio pianoforte a casa mia con un’insegnante che si chiama Marilina.
Io mi chiamo Christine. Suono a scuola perché faccio la musicale un tipo diverso di classe.
Come vi è venuta questa voglia di suonare il pianoforte?
Valerio: io guardavo mia nonna che lo suonava. E quando lo suonava io rimanevo quasi ipnotizzato. Ogni volta che lo suonava io mi dicevo: “come vorrei suonarlo così”, E allora un giorno mi sono detto: “io lo suonerò così”. Quindi ho iniziato a suonare il pianoforte.
Teresa: a casa mia, papà suonava il pianoforte e per questo a tre anni ho deciso di iniziare a suonarlo. Poi circa a cinque anni ho deciso di prendere lezioni da papà, e circa ad otto anni ho iniziato a prendere lezioni da una insegnante.
Cosa state suonando?
Valerio: Sto suonando Gymnopédies, un brano molto famoso. Mi piace molto suonare le colonne sonore dei film, per esempio: Toy story, monster and co, e tanti brani Star Wars.
Teresa: Ho appena finito di studiare il chiaro di luna di Beethoven e adesso sto cominciando a studiare un brano che si chiama “improvviso” di Gianni Rinaldi.
Christine: suono due brani di Mozart, Aria e Canzonetta.
Quali sono i vostri obiettivi “musicali”?
Valerio: diventare bravo e andare a suonare con i miei amici, cioè la mia band.
Teresa: diventare brava suonandolo come hobby, e poi insegnarlo ai miei figli, che lo insegneranno ai loro figli.
Christine: diventare brava e suonarlo come hobby.
Cos’è per voi la musica?
Valerio: Per me la musica è un modo per calmarsi, per esempio, quando sono po’ stressato, mi metto al pianoforte e suonando mi tranquillizzo.
Christine: per me la musica è una passione che stimola la creatività e che mi rilassa.
Teresa: per me la musica è un divertimento. Ad esempio quando mi annoio mi metto a suonare e mi diverto. La musica è molto rilassante quando la suoni ma anche quando la ascolti.
Quali sono i momenti in cui suonate il pianoforte?
Valerio: Io lo suono quando sono stressato, come ho già detto prima, quando devo studiare, quando suono insieme a mio padre, lui alla chitarra e mia madre che canta con il microfono e con la mia amica. Ah, mi sono dimenticato pure che suono in chiesa, in realtà suono l’organo non il piano e probabilmente non l’ho detto altre volte.
Christine: lo suono quando mi alleno, quando il professore mi ascolta mentre suono i brani da studiare e ovviamente quando devo divertirmi!
Teresa: io di solito suono quando devo fare lezione con la mia maestra, quando mi alleno e soprattutto quando mi annoio, quando voglio suonare con i miei fratelli o semplicemente quando ne ho voglia.
Quindi a voi vi piace tanto la musica, cioè, volete attraversare il percorso della musica per tutta la vostra vita?
Valerio: sì, a me piace tanto e ho intenzione di essere suo amico per tutta la vita.
La musica la considero un’ amica, la mia migliore amica.
Christine: sono sicura che continuerò a studiarlo e a suonarlo come hobby, ma non credo che lo suonerò per tutta la vita, perché avrò altre cose che dovrò fare. Ma non si sa mai.
Teresa: a me piace tanto la musica, io vorrei suonarla per tutta la vita, però non so se ci riuscirò, magari avrò troppe cose da fare. Sicuramente però, cercherò di continuare a suonarla.
Ci sono brani difficili che avete suonato, o che state suonando?
Valerio: Sì, per esempio Gymnopedies. Però dopo aver suonato qualcosa tantissime volte, alla fine le mani è come avessero un cervello tutto loro.
Christine: Certo. Sto suonando un brano di Cesi Marciano. Si chiama Antologia Pianistica. E’ difficile perché le mani hanno un ritmo diverso, quindi bisogna essere molto coordinati.
Teresa: sì, ho suonato il chiaro di luna di Beethoven, ed era abbastanza difficile perchè era un po’ lungo.
Come vi sentite quando suonate un brano?
Valerio: Beh, dipende dal brano. C sono brani lenti e tristi, veloci e allegri e altre volte ci sono brani che in alcuni punti sono allegri e altri punti no. Però in tutti i brani c’è una bella sensazione.
Christine: mi sento un po’ in ansia, ma una volta imparato mi sento felice e una volta finito il brano mi sento molto soddisfatta.
Teresa: Come ha detto Valerio dipende dal brano. Io quando inizio a studiare un brano penso che non ce la farò mai a studiarlo tutto perchè è lungo e difficile. Ma dopo che ho cominciato non mi sembra tanto difficile come l’avevo immaginato.
Grazie alle opinioni di Valerio, Teresa e Christine, abbiamo capito che l’importanza e la bellezza di un percorso musicale.
Ideato da Valerio Arrigo con la collaborazione di Teresa e Christine.
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